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Questa frase, attribuita al teologo svizzero dalla stampa, dopo un convegno tenuto a Roma nel 1984 sulla figura di Adrienne von Speyr, è stata in seguito ripresa da altri autori e attribuita anche a Giovanni Paolo II. Nel saggio Sperare per tutti (1986), rispondendo alle critiche mossegli, Balthasar ha precisato: «ecco sorgere la questione se si possa, come cristiani, stando sotto il giudizio, sperare per tutti gli uomini. Io ho osato affermarlo . In una conferenza stampa tenuta a Roma, tempestato di domande sulla questione dell'inferno, avevo manifestato il mio parere, il che ha portato a fin troppo grossolane deformazioni sui giornali ("L'inferno è vuoto") . Ma io non ho mai parlato di certezza, bensì di speranza», aggiungendo: «L'occhio dell'inquisizione resta puntato su di me . Lo stupore manifestato dimostra che non hanno mai preso conoscenza delle mie opere maggiori, nelle quali da un bel pezzo si sarebbe potuta trovare abbondante legna per il mio rogo». Nella parte conclusiva della sua TeoDrammatica (tomo V, 1983), influenzata dalle visioni di Adrienne von Speyr, Balthasar aveva difatti già sostenuto la «dilatazione della speranza», avanzando l'idea che «il peccato, il male, dev'essere limitato e finito, e che troverà pure la sua fine nell'amore che lo abbraccia». Va rilevato a margine come il teologo Elio Guerriero, curatore delle edizioni italiane delle opere di Balthasar, consideri l'espressione «vuoto», in relazione all'inferno, concretamente in linea col pensiero balthasariano, fatto salvo che si tratta di una speranza: «se l'inferno è talmente reale da provocare dolore e sofferenza (è dunque assurdo parlare di inesistenza) è anche vero che, avendolo Cristo attraversato e sconfitto con la sua morte obbediente, possiamo fondatamente sperare che esso sia vuoto. È questa la parola forte di von Balthasar, l'annuncio che egli cercò di trasmettere con un'opera sinfonica ma anche profondamente unitaria. (it) |