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Gaber gridava gli occhi aperti, perché la coerenza non è immobilismo. Mentre oggi si avverte lo stallo, il vuoto. E la complessità di Gaber è rimasta premiante, paradossalmente, proprio per questo. Perché la gente, le persone più sensibili, quelle che frequentano poi i teatri, sentono che la sua complessità è una richiesta di muoversi. Di gridare per sconfiggere il vuoto. Una richiesta quasi spaventosa di questi tempi. Un grido di cui c'è bisogno. Gridare contro il vuoto. Questa è la sfida, o forse meglio la missione della bellissima rabbia che Giorgio e Sandro hanno lasciato nei loro testi. (it) |