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Cornell, grande artista. Il gusto raffinato dell'archeologia fantastica, del reliquiario metafisico. Ogni oggetto è incastonato in altri oggetti: avvolto nel reticolo esiguo e impalpabile di un orafo dell'immaginario, trasferito dallo scrigno della memoria a quello di una visione così preclusa e sottile da sembrare ironicamente esoterica. Ecco così le palline, le pipe di gesso dalla lunga imboccatura esile, le cassettine minuscole, i collages dipinti con velature artificiali, rifrazioni di specchi, vibrazioni azzurrine. Come in un'icona sono conservate più che le immagini consunte dell'arte, i loro pallidi riflessi, le loro fantasmagorie imprigionate in una goccia d'ambra, in un cubetto di porfido, nella preziosa enigmaticità di un idolo. L'invenzione delle associazioni e del montaggio obbedisce al rigore di una geometria metafisica. In un'età in cui l'arte è morta, essa viene sfidata a nascere nel modo in cui sono contemplati i suoi frammenti, le sue scaglie iridescenti, nel modo in cui sono filtrate e decantate le sue nascoste tavole pitagoriche. Cornell raccoglie, da grande, insuperato maestro, la cenere dell'aura. (it) |