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Noi siamo entrambi la tristezza di un porto, | tu, città, tu, dolorosa sorella, che hai solo | il silenzio e d'antiche alberature il rimpianto; | io che vivo simile a un grande canale morto! | Che importa! nell'acqua vuota meglio si vede tutto il cielo, | tutto il cielo che scende nell'acqua rischiarata, | che scende nella mia vita così pacificata. | Ma non è forse questo l'onore essenziale | – invece dei vascelli irrequieti e vani – | riflettere le grandi nuvole viaggianti, | ripeter come specchio solo le cose eterne, | renderne divino l'abbandono fugace, | e riflettere in miraggio sonoro | la morte del giorno pianta dai bronzi della sera!... | È per esser così che siamo entrambi degni | della dolce presenza d'un immortale cigno, | il cigno d'un bel sogno guadagnato al silenzio, | che metterebbe in fuga un poco di violenza, | e se laggiù galleggia bello come una palma | sol lo deve al riposo e alla grande calma | cigno bianco, che le meste annoiate città inargenta, | che a volte sui canali tranquilli | il candore arruffa delle morbide penne; | poi, come vela ammainata, la sera, | – sdegnando il viaggio e il mare tempestoso – | sogna con l'ali chiuse covando delle stelle! (it) |