Mention109081

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so:text Il 2 giugno del '46, giorno del referendum istituzionale, votai per la monarchia. Lo feci perché ritenevo fosse pericoloso recidere il tenue filo che legava l'Italia all'unica sua tradizione nazionale: quella monarchica, appunto. L'Italia non s'era "fatta da sé", come pretendeva la nostra storiografia ufficiale. Era stata fatta dalla monarchia sabauda guidata dal genio diplomatico d'un suo diplomatico, Cavour, che voleva estendere il Regno di Sardegna al Lombardo-Veneto. Se poi ci scappò fuori l'Italia, non fu grazie al contributo degl'italiani, che non ne diedero punto. Fu perché la storia dell'Europa andava verso la costituzione degli Stati nazionali, e condannava a morte quelli plurinazionali come l'Impero austriaco. Al posto di quel patrimonio, sia pure modesto, cosa prometteva la Repubblica? Si presentava come depositaria dei valori della Resistenza, un mito ancora più falso di quello del Risorgimento. Che non era stata affatto, come pretendeva d'essere, la lotta d'un popolo in armi contro l'invasore, bensì una lotta fratricida tra i residuati fascisti della Repubblica di Salò e le forze partigiane, di cui l'80 per cento si batteva sotto le bandiere d'un partito a sua volta al servizio d'una potenza straniera. (it)
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so:description Soltanto un giornalista (it)
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