Mention109460

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so:text Senza alcuna diffidenza, poiché credevano, grazie ai film, ai racconti degli amici e agli ottimi libri che avevano letti da poco, di immaginare con sufficiente approssimazione una città indiana, varcarono la Porta dell'Oriente sul porto e si trovarono immersi di colpo in una materia compatta e vertiginosa, di una densità palpabile: la folla indiana. Compresero subito che nulla, nulla, avrebbe potuto prepararli a quello choc. Una folla a Parigi, a Londra, a Tokio, è fatta di tanti ometti separati, che corrono ciascuno verso la propria meta. Lì la folla non va da nessuna parte, cola piano in tutte le direzioni, inesauribile, bianca e bruna, riempiendo tutto lo spazio a disposizione tra le ultime carrozze che cascano a pezzi, i carretti tirati da piccoli buoi gibbosi, gli autobus rossi a due piani, le poche auto americane, i cani rognosi che in India rappresentano i paria degli animali, e le vacche, naturalmente, biancastre, altrettanto scarne degli esseri umani, e che occupano per diritto divino, senza aggressività ma anche senza alcuna gentilezza, i marciapiedi e la carreggiata. E quei milioni d'occhi bruni appuntano su di voi lo sguardo indimenticabile dell'India, uno sguardo unico, che è quello dei neonati troppo seri dalle palpebre bordate con un tratto di matita nera, dei vecchi ridotti all'osso, quello delle ragazzine che ti inseguono per una giornata intera tendendo la mano, quello delle vacche anche, ovunque lo stesso sguardo, passivo e dolce. (it)
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so:description Citazioni di Benoîte Groult (it)
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