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L'astronave, come un'anemone dai tenuissimi fili – come una ragnatela di tempo – teneva tutti i Viandanti intessuti in bozzoli di vita. E Lamar era la sciocca mosca ingabbiata. Viveva su quelle quattro piastrelle. Si poteva spostare per ogni dove camminando sui fili. Era come se affiancata a lui -nell'astronave – avesse un'immensa dispensa da cui attingere per vivere. Quelle povere piastrelle potevano essere inscritte di volta in volta in due pareti della cucina, o in un corridoio della casa, in un bagno, in una stanza da letto. Ciò che veniva toccato da Lamar, esisteva solo finché era usato quasi i suoi polpastrelli trasfondessero vita. Non appena lasciato, tornava nel vuoto. Lamar non poteva conservare niente, avere nulla. Con Lamar non c'era nessuno. Egli era solo. Solo. Faceva le pulizie di quelle quattro piastrelle, passava la spugnetta sul lavello che appariva e spariva, lo straccio in cucina. Lavava la biancheria, pensava al menù, cucinava. Mangiava da solo e poi lavava i piatti. Aveva molto tempo per guardare le stelle e per imparare il suo nuovo lavoro. (it) |