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Gli animali hanno diritti? Zapatero, in Spagna, ne ha proposto il riconoscimento ai primati superiori. E vari esponenti della chiesa cattolica hanno reagito con aspre critiche. La loro preoccupazione è chiara: evitare di avvilire la dignità umana riducendola a livello bestiale. Ma ci si potrebbe chiedere quanto fondata sia tale preoccupazione. Sottolineare le acquisizioni scientifiche più certe – per esempio che con gli scimpanzé condividiamo il 98% del Dna – significa abbassare l'uomo o non piuttosto elevare al suo rango altri animali? È, un po', come l'equivoco sui Pacs: la loro attuazione significherebbe svilire il matrimonio o non piuttosto avvicinare al modello coniugale una variegata casistica di relazioni affettive condannate, per ora, alla casualità ed alla precarietà? Per la verità, anche questo modo di impostare la questione e di formularla sarebbe opinabile. Si dà per scontata una visione gerarchica dell'universo in cui qualcuno starebbe «sopra» e qualche altro «sotto»: il che è indubitabile da certi punti di vista, per nulla evidente da altri. Comunque – come ha sostenuto Roberto Marchesini – anche se l'uomo dovesse considerarsi non solo diverso ma addirittura superiore agli altri viventi, neppure in questo caso avrebbe il diritto di disprezzare e di schiavizzare le altre specie. Questa sarebbe una forma di razzismo planetario: come si usa dire, di «specismo. (it) |