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Fate che anche un uomo del volgo vegga un malato pallido, debole, tossicotoso, emaciato, egli vi dirà costui essere un tisico. Allorché taluni vi sono, che sebbene non abbiano i polmoni ulcerati, tuttavia sono consunti da diuturne febbri, hanno la tosse, ma secca, dura e senza sputi, anche questi propriamente sono chiamati tisici. Hanno anche questi una oppressione di petto, una infermità di polmone, l'angoscia, l'intolleranza, la nausea, i brividi vespertini e calori mattutini, un molesto sudore vaporoso sino al petto, emettono nella espettorazione materie di diversa qualità, come di sopra notammo: hanno la voce rauca, il collo alquanto ritorto e gracile, non pieghevole ma come irrigidito: le dita sottili, e grosse le loro articolazioni, talché sembra che le sole ossa ne siano rimaste. Diresti che tabidi ne sono i muscoli: le unghie si rendono adunche, il polpaccio di esse si fa rugoso e spianato, imperocché per il dimagrimento perdono le parti molli circolari, e la loro rotondità. Tutta la l'orza è circoscritta alle loro estremità e nelle loro unghia uncinate, colle quali soltanto come membra solide sostengono alcune fatiche. Similmente le narici diventano acuminate e gracili: le guance prominenti e rossastre: gli occhi incavati lucidi splendenti: tumefatta emaciata, pallida o livida è la faccia: le labbra assottigliate stringonsi sui denti, sicché somigliano a chi ride: in tutto finalmente ti rappresentano un cadavere. (it) |