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Il vento di K. viene dal deserto e dal passato remoto della creazione, non incontra niente a fermarlo né a riempirlo, ha come sola compagnia la polvere che si alza. Eppure K. non si ripara, si lascia avvolgere, si espone a quel soffio perpetuo che prosciuga. K. osa riempire il vento con le parole del suo affanno. Accetta che si disperdano nel passaggio dal proprio fiato al soffio che le smembra. Solo una provvidenza che lui ignora innesterà i suoi versi in un canone sacro e li renderà indelebili. Lui non guarda, non si sporge al di là di un figlio cui trasmetterli. Mai ha pensato a noi. Eppure a lui è stato dato di riempire il vento di Elohìm, il "merahèfet" che alita per sempre, con la zavorra sacra del suo grido: Havèl havalìm. (it) |