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Tra l'essere e il non essere, Napoli appare. Siamo davanti alle rovine di un paese felice da cui giungono i primi segni di vita.
Gli scampati chini a raccogliere la propria ombra stendono il sole, luminoso prima che caldo. Si lasciano accogliere nelle strette di quel paesaggio ormai illeso e silenzioso al quale è stata tolta la parola. Di colpo, come da una pietra smossa, brulicano i bambini e al loro salto – di casa in casa, sembra –, al loro risalire, la platea di sasso scoscende nell'Ade o s'alza nella sua scena. La luce pesca tutti a uno a uno. Assenti le voci, e pure udite per quell'assiduo fervore, i vivi provano le braccia, le gambe, gli occhi di cui ancora non sanno che fare.
Crediamo di vedere, remoto nel suo avvenimento, un passato giunto a noi da secoli di luce. , p. 219) (it) |