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Mi stavo sciogliendo in lacrime davanti alle meste camelie che crescono all'ombra di Santa Maria – una delle sette chiese di Ninfa, testimone dei peggiori massacri, l'angolo senza dubbio più fosco del giardino – quando mi resi conto di aver intuito, per folgorazione, il quid che rende unica la bellezza di Ninfa.
Non è frutto, questa bellezza, di un gratuito miracolo della Natura, ma di lunga, sepolcrale catarsi. Le camelie più delicate nascono dal terreno macerato da secoli d'ossa frantumate da guerre fratricide. L'altissimo pioppo nero benedice il ponticello di pietra che ha visto fratelli nemici versarsi l'uno addosso all'altro pece e olio bollenti.
Il giardino che di giorno seduce i visitatori, è, di notte, denso d'ombre che pesano, dopo secoli, sulle rovine guastate dall'odio.
La bellezza di Ninfa è quella terribile che nasce dalla sofferenza, è la faticata alchimia che trasforma la pena in perfetta letizia. È la bellezza donata da Michele, a fil di spada, che ancora gronda sangue, ma tramutato in oro. La Bellezza di Ninfa è dolore purificato. (it) |