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Considerando a tante lautezze censorie è facile immaginarsi contro quali e quanti ostacoli mi fu forza dar di petto per conquistare, non dirò la chiesta autorizzazione, ma il frontespizio stesso della rivista, perché aveva assunto il nome di «Antologia Italiana»; l'appellativo «italiana» era fra le voci di reproba natura; quindi interdettone l'uso: «Antologia», era insidiosa commemorazione di una effemeride stata spenta sotto gli anatemi della politica austriaca, dispotica fin d'allora anche in Toscana; nel programma da me presentato in quel periodo si temeva un agguato teso al censore per giuocarlo in faccia all'autorità. Dopo parecchi giorni di inutili prove e riprove per persuadere e mansuefare il cavalier Pollini, direttore della censura, fatto dalla ignoranza sua che era e molta e singolare sistematicamente sospettoso e caparbio, pensai rivolgermi al re stesso, per mezzo del cavalier Promis; non solo m'ebbi e quasi tosto l'autorizzazione regia, ma e promesse di patrocinio. Il re aveva indovinato dove si voleva andare e n'ebbe segreto compiacimento. (it) |