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Perciocché allora siamo soliti di dire, che un uomo sia ubriaco, quando il vino che egli ha bevuto è più di quello che il suo calore naturale può digerire: perché il vino va alla testa, e s'impadronisce di tal sorte di quell'uomo, che non si regge più da sé, ma dal vino che egli ha bevuto. Essendo questo così, dimmi un poco in che modo starà un'anima, quando ella sia tanto piena di questo celeste vino: quando ella sia così colma di Iddio e del suo amore, che essa non possa reggere sì gran soma di diletti, né sia bastante tutta la sua capacità e virtù per soffrire una felicità sì grande? Così si scrive di santo Efrem, che molte volte era con tanto impeto messo sottosopra da questo vino della soavità celeste, che non potendo la fragilità del soggetto sopportare la grandezza di questi piaceri, era sforzato di gridare ad alta voce dicendo: «Signore, pàrtiti da me un poco: perciocché la fragilità del mio corpo non può soffrire la grandezza de' tuoi diletti. (it) |