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Non c'è stato lieto fine, ma il pianto dirotto, straziante di Franco Baresi, il capitano di ghiaccio, il duro fra i duri, un tipo così tosto da giocare come un gigante – venti giorni dopo l'operazione al menisco – la prima e ultima finalissima mondiale della vita. Così desiderata, così vicina. Cosa vuoi dire a questi giocatori se non ringraziarli? Cosa puoi rimproverare a Roberto Baggio se, stringendo i denti, ha voluto scendere in campo, sperando di compiere un altro miracolo e, invece, ha fallito due gol e un rigore? Non l'avevano accusato di scarso carattere? Cosa vuoi dire a Massaro se, inciucchito dalla fatica, ha tirato nelle braccia di Taffarel? Nessuno s'è tirato indietro; il traguardo raggiunto è di grande prestigio; il loro rimpianto è maggiore del nostro. Potevamo vincere questo mondiale, come potevamo vincere quello del '90. Li abbiamo persi entrambi ai rigori, ma né quell'Argentina né questo Brasile valevano gli azzurri. Unici ad esser finiti fra i primi quattro in entrambe le edizioni, a conferma della nostra supremazia, di quanto valga il movimento calcistico italiano. Sia Vicini sia Sacchi hanno commesso l'identico errore: schierare un attaccante in non buone condizioni fisiche. (it) |