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L'incantamento della verità "in sospensione", la gioiosa attrattiva degli enigmi, la seduzione mortale e inebriante dei cento specchi di Circe, l'affrancarsi del «libero spirito» da ogni regola come da ogni limite fanno della ὕβϱις una specie di «Prometheia» distruttiva e insieme un'ambigua e stranamente beffarda "divina commedia" della conoscenza: «Noi facciamo violenza a noi stessi, non v'è dubbio, noi schaccianoci dell'anima, noi problematizzanti e problematici, come se la vita altro non fosse che schiacciar noci ».
La ὕβϱις è dunque una «posizione» coscientemente e temerariamente accettata, in cui l'apertura alla sperimentazione infinita coincide con un trascendimento in negativum. Nella ὕβϱις come tale si identifica ora una scepsi dissolvente che pone l'uomo in funzione antagonista non soltanto di fronte alla natura e a Dio, ma anche – e soprattutto – di fronte a se stesso. (it) |