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Si può riproporre il testo di Menandro -ha sottolineato Umberto Albini- puntando sui toni tenui, sull'intimismo, ossia sui sentimenti non sfacciati, sull'indeterminatezza dei contorni psicologici che andrebbero completati da chi legge o ascolta. E si rischia però in tal caso di perdere le venature bonariamente ironiche dell'autore, i guizzi scherzosi. Oppure si può offire alla platea uno spettacolo in cui le varie figurine si movono come in una sorta di divertita quadriglia, molto animata ». Siamo qui di fronte al segreto di Menandro: la capacità di coniugare la finezza dell'analisi dei sentimenti con la vivacità del gioco scenico che riesce a far vivere un intero mondo di figurine che Ettore Romagnoli accostò con lucidità alle statuette d'argilla dell'età alessandrina. Statuette che non hanno la potenza del carattere, ma la naturalezza e la grazia della vita di tutti i giorni. Il teatro di Menadro è, infatti, espressione di un'Atene che, ormai persa la sua libertà e diventata parte della civiltà alessandrina, ha definitivamente abbandonato i grandi temi politici e civili che erano stati di Aristofane. È una commedia che si ripiega sul "privato", come si direbbe oggi, sull'amore nelle sue componenti di sesso ma anche di sentimento, sui rapporti padri-figli, sulla ricerca di una felicità serena e razionale. Dietro i personaggi di Menandro spuntano non a caso I caratteri di Teofrasto e la filosofia di Epicuro. (it) |