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Lattuada apre la porta della terrazza per far entrare il gatto e uno spiffero riacutizza la lombaggine. Corre a prendere un pullove. In salotto c'è un pianoforte a coda, ampie poltrone e al centro un tavolinetto conserva «sottovetro» disegni con dedica di amici pittori. Siamo nella sua casa romana, non lontano da piazza Ungheria. Il regista torna avvolto nel cardigan grigio. Ha sopracciglia folte, occhi stretti e beffardi attraversati da un lampo indagatorio, gli stessi incerti parenti baffetti delle prime foto di lavoro con Mario Soldati. (it) |