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Salgo fino alla terrazza. Che gloria! Nel tepore che avvolge questo mentre si viene addormentando nell'inverno, nell'aria limpida che dietro l'Aventino, dietro il Quirinale, dietro il Pincio, dietro i Parioli rivela, dagli Albani ai Sabini, tutti i monti lontani con quel tanto di neve in cima che separi il loro azzurro dall'azzurro del cielo, ci si sente leggeri, schiariti, esilarati. E si capisce che anche questo gran San Michele quassù ringuaini la spada.
Vi saranno cento persone stamane su questa terrazza, felici come me, lo sguardo imbambolato dalla gran luce. Tutto popolo. E c'è chi si protende dal parapetto a guardare, e resta così immobile come aspettasse l'ali per partire a volo. C'è chi si sdraia per terra, contro il muro del mastio, lasciandosi imbevere di sole e di cielo. E ognuno è solo. Anche gl'innamorati si dividono, svuotati e rapiti da questa immensità. No: c'è un omone tarchiato e sanguigno che in romanesco spiega a due amici di provincia nientemeno che «l'idea del Bernini». Ha tratto di tasca una grossa chiave, l'ha volta verso San Pietro: – Ecco quale era l’idea del Bernini. Voleva rifare a forza di porticati la chiave di San Pietro. L'occhio della chiave, lo vedete, l'ha fatto: è il porticato rotondo, quello là, davanti alla basilica. La canna della chiave doveva venir giù per Borgo fino a qui sotto, fino a Ponte Sant’Angelo. Ponte Sant'Angelo, in fondo, sarebbe stato il rettangolo cogl'ingegni della chiave. Capite? Ma il progetto, al papa non gli piacque. Diceva: Li forestieri lassamoli venì su ste straducce e pe' sti vicoli: cosi quanno arrivano davanti a la piazza, je fa più effetto. Capite come fu? Era un papa che ragionava fino. — Ma i due non gli più retta. Anche loro sono partiti in sogno, e stanno a guardare il fiume giallo, Borgo Vecchio, San Pietro, i palazzi del papa e, dietro, gli alberi del Giardino, color di ruggine. (it) |