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Il genio addita agli artefici moderni i capolavori delle tradizioni e dei maestri passati cominciando dalle prime civiltà ove il giaciglio e la capanna l'uomo adornò per la sua compagna»: con queste parole Galileo Chini illustrava un suo dipinto, parte di una serie dedicata alle otto tappe – tante ne contava – della storia della civiltà. È una prosa curiosa, forse interessante, come sono interessanti i reperti dei criminali e dei dementi; con che non voglio dire che il Chini avesse qualcosa a che fare col crimine e con la follia, ma appunto che non aveva affatto a che fare, il che per chi voglia fare arte è criminoso e dissennato. L'idea delle otto tappe non sarebbe così rivoltante, se non ci fosse quella parola: tappe, che indicano un percorso, dunque una partenza, pertanto una meta. Al di sotto del discorso di Galileo Chini sta questa onesta ubbìa, che l'umanità – checché si sia – proceda verso qualcosa di grande, di glorioso, di artisticamente cattivante. (it) |