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Non ero la "figlia perfetta": poco costante a scuola, irrequieta. I miei genitori, due magistrati penali che da Napoli si trasferirono a Roma, sono quelli che ti dicono "fai come vuoi", ma se non fai come vogliono loro vivi di sensi di colpa. A 19 anni ero abbastanza confusa: avevo iniziato a recitare da poco ; avevo da tempo una storia con un ragazzo, otto anni più grande di me , che però era molto complicata. Quando ho scoperto di essere incinta, onestamente non pensavo di tenerlo. Tutti, i miei genitori in testa, mi dicevano che mi sarei rovinata la vita. Ho preso l'appuntamento per interrompere la gravidanza, ma una volta lì, in quella stanza, ho cambiato idea. È una decisione che prendi in una frazione di secondo — tenerlo o non tenerlo —, dalla quale però parte un percorso a lungo termine, mille conseguenze che non puoi prevedere in quel momento. Ero nel panico totale. Una volta uscita, sono entrata in una cabina telefonica per chiamare mia madre. Sull'apparecchio c'era un elastichetto da bambina, non ricordo se con due cubetti o due ciliegine. Lo so, è stupido, ma vedendolo mi sono detta: va bene così, sto facendo la cosa giusta. Detto questo, ero dilaniata, e se oggi penso alla cosa grande che è uscita dalla persona piccola che ero — non solo fisicamente, ma perché all'epoca ero veramente una bambina da formare, senza un minimo di coscienza di sé —, se ci penso, be', non saprei spiegare che cosa mi ha fatto dire: lo tengo. (it) |