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Lo ricordo, il 12 mattina, nella piana di qua e di là del Ghevà, tutto fiuto, negli occhi e nelle narici, levriero di corsa; lo stesso giorno, nell'attacco a quota Sila e nella resistenza ai contrattacchi abissini, ritto tra i fanti, senza spavalderia, ignaro del pericolo, spiritualmente e, quindi, corporalmente, invulnerabile; e la giornata del del 15, tutto intuizioni rapide nella vasta manovra di avvolgimento sulle pendici ovest dell'Aradàm, d'una serietà impastata di sorriso, animato da una fiducia da veggente, la fiducia degli eroi, che dominano e non servono il proprio istinto. (it) |