so:text
|
Al di là dell'orientamento politico, ci sono modi diversi di votare: c'è chi vota inseguendo un tornaconto personale, chi vota solo per odio nei confronti dell'avversario, chi esercita il cosiddetto voto utile, e c'è chi ancora — provando ormai quasi imbarazzo — vota in nome di ragioni ideali; ma in fondo tutti, tutti sono voti disperati. Sono voti che nascono dalla disperazione, e infatti generalmente l'italiano entra nella cabina elettorale di pessimo umore; è insofferente alla matita, è insofferente allo scrutatore annoiato che mastica la gomma, è insofferente persino a quelle cabine di legno che pure lontanamente potrebbero ricordargli le cabine del mare . Ma quei tempi sono lontani: ora hai una matita in mano, ti trema la mano, devi votare: e sei solo infelice. La politica italiana da molto tempo è una lotta a chi è più deluso, e gli altri sono soddisfatti se tu sei più deluso di loro, e tu godi se loro sono delusissimi. E questo fenomeno, che si chiama tecnicamente deficit di rappresentanza , alla lunga ha creato un sentimento, per così dire, di sfiducia, e questo è il punto. La sfiducia e l'infelicità vanno di pari passo, così come vanno di pari passo i loro contrari: la fiducia e la felicità. Sono cose che vanno insieme, perché l'atto di dare fiducia a qualcuno per definizione non è un atto infelice, è un atto felice. Se ti fidi, sei felice. Se si fidano di te, sei felice. Ed è ciò di cui abbiamo più bisogno: di fiducia. Fiducia da ricevere e fiducia da dare. Allora, solo allora, torneremo ad essere e votare felici. (it) |