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Frankenstein è il migliore romanzo di Mary Shelley, perché, quando era così giovane, non era ancora, per così dire, ben in confidenza con la sua stessa mente. Più crebbe la sua autoconsapevolezza – e Mary era eccezionalmente introspettiva –, più il suo lavoro soffrì per ragioni che erano l'opposto delle sue intenzioni; e quello che spesso rovinerà i suoi lavori successivi sarà la loro estrema franchezza. Mary arrivò a capire ogni frase che scriveva e a non scrivere niente che non le fosse chiaro. In Frankenstein, comunque, è la parola implicita a dare forza al soggetto. (it) |