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Giunto Mattia in Anversa, portò il caso, che essendo egli in una chiesa ad ascoltar messa, e questa celebrandosi in un altare, ove era esposto un quadro del Rubens, egli quasi incantato dalla gran bellezza di esso, poca attenzione fece al Divin Sacrificio: dappoi che questo fu terminato, gli si accostò un gentiluomo di aspetto grave e pien di decoro, il quale per lo gran corteggio che avea d'intorno parevagli un gran signore, e cortesemente, come gli piacesse quel quadro. A tal domanda risposto avendo Mattia, che per conoscere quel pittore era venuto in Fiandra, tosto quel signore pronto si di condurvelo egli stesso, e con nobil cortesia menollo seco in una magnifica casa corredata alla nobile, ed ornata di belle statue, di bassi rilievi, di medaglie, ed altre riguardevoli curiosità, e fra le altre cose pendevano dalle pareti vari quadri del Rubens. Di questi il gentiluomo molti ne biasimava, tacciandoli di qualche difetto, e anche Mattia del suo parere. Ma egli modestamente opponendosi con ragioni tratte dall'intimo dell'arte sforzavasi di fargli conoscere esser l'opere non solo senza il preteso difetto, ma perfettissime. Il perché sentì dirsi dal gentiluomo: Voi certamente siete professore, perché così ben parlate della pittura, e per le ragioni che mi avete apportate sarete valentuomo, niente meno del Rubens, o almeno lo sarete in appresso. Alle quali cortesi espressioni umiliandosi Mattia, confessava esser venuto per imparare da quel grand'uomo, e quegli: dappoiché tanto desiderio avete di conoscere il Rubens, ed avete avuto il disagio di venir fino in Fiandra per tale oggetto, sappiate che io sono Pietro Paolo Rubens. (it) |