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Se il desiderio stimola l'invenzione, può, tuttativa, indurci a una presunzione d'onnipotenza e divenire per questo cagine di inganno. Ci fa dimenticare che siamo potenze finite: infatti, la nostra potenza è infinitamente superata dalla potenza delle cause esterne; quindi, come direbbe Spinoza, non abbiamo un potere assoluto di adattare al nostro uso le cose che son fuori di noi. Siamo perciò destabilizzati da dentro e da fuori: dalle pulsioni che premono e dalle affezioni che dall'esterno ci condizionano. E dal momento che non sappiamo quanta potenza siamo, il desiderio riesce a metterci in moto a nostra insaputa, aggirando la coscienza. Ne è prova il fatto che ci troviamo spesso agitati, turbati, o anche felici, senza sapere perché. Di qui un'instabilitas che ci tocca governare. È questa la ragione per cui il desiderio, di per sé positivo, non va passivamente assecondato. Non va però neppure negato: deve essere, semplicemente, bene amministrato. Bisogna dare misura alle molteplici potenze che ci agitano. Per dirla con Nietzsche, "grandezza significa: dare una direzione". Per far questo sono necessarie le virtù. (it) |