Mention273823

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so:text Appare il gruppo, a un primo sguardo, una trinità del dolore. Nel Cristo un dolor soave; nella Madre un dolor contenuto; nel giovane un dolore attonito. Nel viso che fu divino si scoprono, specie se guardato di sotto in e di profilo, tracce visibili dello spirito che fino a poche ore innanzi lo illuminò: soprattutto la desolata dolcezza dell'amore non riamato. Il volto della corredentrice è chiuso e composto in augusta severità, ma non è spasimoso e stravolto come lo fanno, di solito, gli artisti cristiani. Michelangiolo va più a fondo nel cuor di Maria. Essa soffre come madre, ma gode come figlia. Il sacrificio più tremendo di Cristo – un Dio disceso e carcerato in carne d'uomo – è finito. Il corpo di Lui è ancora stretto da corde e legami, al par di quello d'uno schiavo colpevole, ma lo spirito è già ricongiunto all'onnipotente gioia del Padre. Più misteriosa è la terza figura che aiuta la madre a sorreggere il Figlio. Per conto mio è San Giovanni, che Michelangiolo ha voluto associare a quella estrema fatica d'amore. Giovanni, il discepolo più amato e più amoroso, l'unico che fosse ai piedi della croce, quello al quale il morente affidò la Madre, quello che più a lungo d'ogni altro apostolo doveva sopravvivere al Maestro. Nei suoi lineamenti appena accennati v'è stupore più che disperazione; la consapevolezza d'essere il prediletto e l'ultimo diretto testimonio; la sicura fede di ritrovare e rivedere Colui che gli tenne il giovane capo sul cuore immortale. E così l'opera che sembrava trinità del dolore è invece trilogia di umano e divino conforto. La Pietà di Palestrina è suprema riconciliazione nell'amore. (it)
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so:description Citazioni di Giovanni Papini (it)
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