so:text
|
Siciliano alto, bruno e robusto, un incarnato di vaga ascendenza saracena e occhi verdi illuminati da lampi di intelligenza, nell'estate del '62 mio padre non aveva ancora quarant'anni. Era già un noto avvocato, seppur anomalo; in una città come Palermo, che amministrava nei grandi studi legali poteri e interessi inconfessabili, lui era il difensore dei deboli: dei contadini che occupavano le terre, degli operai che facevano a botte con la polizia, dei familiari delle vittime di mafia, dei giornalisti processati per le verità scomode, degli artisti, dei teatranti, dei poeti. E adeso anche dei cineasti arrivati a Palermo per girare il Il Gattopardo e piovuti nell'anticamera dello studio di via Catania 8 bis, affollato dalla sua dolente clientela. (it) |