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Appena dopo la sua morte, scrissi di getto una lettera per L’Europeo, quando Oreste Del Buono era ancora redattore della sezione cinema, le leggo qualche passaggio: «Per me, non vi può essere alcuna cultura cinematografica completa e veramente vasta in chi non conosca l’opera di Bava. Mi riferisco tra l’altro a quei critici che come al solito l’hanno liquidato in questi giorni sui giornali con tre battute, «modesto», «artigiano» e «pioniere», quando questi signori i film di Bava non si sono mai degnati di vederli. Per me e molti altri più importanti di me, è stato un indicibile insegnamento vedere questo signore sessantenne, vivace come un ragazzo, gentile come un padrino da racconti di fate che riusciva a mantenere il perfetto ordine nella troupe, con il solo fascino di questa sua gentilezza. Di rado, durante le pause di Shock o della Venere d’Ille, l’ho sentito inoltrarsi, e mai per lungo tempo, nella descrizione di incredibili trucchi luminosi, fasci fosfati dai colori d’arcobaleno, lastre turchine di vetri-acqua, diorama, incendi, del tempo in cui era giovane, evocando dallo sfondo scuro e dall'abisso del tempo l’immagine di segreti inauditi, meravigliosi della fotografia. Il momento per misurarlo meglio, per gustare la gentilezza della sua natura, era quando si metteva alla mdp. Allora faceva mostra di una geniale semplicità, cercando di divertirci tutti, maestranze, tecnici, attori, come bambini coi giocattoli pieni di simpatia e ammirazione per il coscienzioso, attentissimo ragazzo più grande che tanto si dava da fare per coinvolgerci . (it) |