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Pensare che Mario Merola non c'è più è come pensare che non esiste più l'erba di casa mia, il mondo in cui sono cresciuto e diventato artista, la Napoli in cui ho tirato i primi calci a un pallone, in cui mi sono innamorato per la prima volta. Quando ero uno scugnizziello che strillava con tutta la voce che avevo in corpo. Ma la gratitudine che gli porto non è solo personale: gli dobbiamo tutti tanto, anche quelli che non lo hanno mai incontrato, ma che almeno una volta nella vita si sono fermati ad ascoltare il suo canto fisico, ad osservare il suo modo di accompagnare la melodia con il corpo. (it) |