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Conobbi Pier Paolo quando lavorava con Bolognini. Era giovanissimo, faceva il professore alle scuole medie e c’era un rapporto alla pari tra noi. In Medea ripiegò su di me dopo il no di Danilo Donati, impegnato, e non ci fu un rapporto vissuto. Aveva il terrore che gli buttassi addosso il mondo di Visconti quando io, invece, rispettavo il pensiero dei registi con cui lavoravo. Ho sempre visto Pier Paolo come una persona priva della possibilità di avere una dialettica con gli altri: poeta gigante, nei rapporti usuali della vita era schivo, con una vocina che gli usciva a malapena. Raramente mostrava sorrisi. Tutt’al più li sfiorava. (it) |