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L'esserci calcola e domanda della quantità di tempo; perciò, se si attiene al tempo, non è mai nell'autenticità. Domandando in questo modo del «quando?» e del «quanto?» l'esserci perde il suo tempo. Che ne è di questo domandare che perde il tempo? Dove va a finire il tempo? Proprio l'esserci che fa i conti con il tempo, che vive con l'orologio in mano, proprio questo esserci che calcola il tempo dice costantemente: non ho tempo. Con ciò non si tradisce forse da sé in quello che fa del tempo, in quanto è egli stesso il tempo? Perdere tempo e, per farlo, procurarsi un orologio! Non viene qui prepotentemente alla luce l'inquietante spaesatezza dell'esserci? (it) |