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Sì, su un piano di squisita, stilizzata grazia, tra una pausa e l'altra dello spettacolo, dietro il sipario, o nella campanelliana stasi metafisica d'un museo che sia soltanto luogo d'esposizione di sagome disarticolate i pupi possono presentarsi. Ma al di qua di quel piano, in un teatro o in un museo che sia d'esposizione e di spettacolo, com'è quello di Palermo, i pupi rientrano nel loro piano naturale di parola e movimento, di gesta eroiche e spaccone. Grazie al puparo, a quel dio invisibile che muove aste, fili e destini, modula voci, imprime cadenze e cesure, decreta vittorie sconfitte, dà vita e morte: svolge l'epopea continua, il nastro dei sogni, la popolare poesia di luccichii e frastuoni. (it) |