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Il capocomico rassomiglia ai pantaloni Changarnier messi in moda per un momento nel 1852 dal generale francese di questo nome, e fatti di due stoffe diverse cucite insieme nella loro lunghezza.
Come il prelodato pantalone il capocomico è a due; da un lato è un industriale, in tutto il più brutale significato della parola, dall'altro è il protettore dell'arte drammatica, l'incoraggiatore degli autori, il babbo amorosissimo dei comici.
Come già al furbo Dio bifronte, questa duplicità profitta al capocomico nelle varie contingenze della vita. Si tratta di farsi fare una biografia nei giornali teatrali o una réclame nei politici? di prendere parte a un banchetto d'arte? di buscare una croce? di rappresentare primo, in una
piazza lucrosa, un nuovo lavoro di un poeta acclamato?
Il capocomico si proclama da sé il più nobile fattore del teatro italiano: – la parte benemerita del pantalone.
Si tratta invece di mandare a carte quarantanove un povero diavolo d'autore novellino, o di contrastargli i pochi decimi dei sui così detti diritti? di allestire, per la cassetta, una bricconata tradotta dal francese? di mettere a mezzo spesato i comici sotto pretesto del mughetto che infierisce nell'Asia Minore? ecco il capocomico che si volta, e vi mostra il lato più ignobile del pantalone, e vi dice secco secco: sono un industriale. (it) |