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Fitzgerald, invece, amò il mondo, della vita volle assaporare l'inafferrabile spuma: correndo tutti i rischi dell'ambiguità, desiderò coglierne gli iridati colori, quelli che il sole fa fiorire in cento stille d'acqua sparse. Ma il suo non fu – e non poteva per la profonda coscienza poetica che ebbe – un canto d'estasi: fu il canto della perpetua sconfitta. Anche in lui l'individuo restava straziato da un'impossibilità di vivere profonda, e i miraggi dell'esistenza scoprivano a ogni passo il loro falotico e funebre aspetto. (it) |