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Come se fosse stato versato | nel catrame, giace | su un guanciale di torba | e sembra piangere || Il fiume nero di se stesso. || Chi può dire "cadavere" | al suo vivido stampo? | E chi può dire "corpo" | al suo opaco riposo? || E i suoi capelli arrugginiti, | un pelo improbabile | come quello di un feto. | Dapprima vidi il suo volto contorto || in una fotografia, | testa e spalla | emergenti dal fango, | un neonato ferito dal forcipe. || Ma adesso riposa completo | nella mia mente, | giù fino al corno rosso | delle unghie, || sospeso alle incrostazioni | con bellezza e atrocità: | insieme al "Gallo morente", | troppo aggrappato || al suo scudo, | insieme al peso reale | di ogni vittima incappucciata, | squarciata e scaricata. (it) |