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La Città Eterna assomiglia a un gigantesco cervello invecchiato che da molto tempo trascura ogni interesse nel mondo – essendo il mondo qualcosa di troppo concreto – e si è dedicato alle sue stesse pieghe e circonvoluzioni. Muovendosi fra le strette, dove persino un pensiero su se stessi è troppo ingombrante, oppure fra le distese, dove il concetto medesimo di universo appare striminzito, ci si sente come una puntina di grammofono consunta che strascicandosi percorre i solchi di un grande disco – verso il centro e indietro – ed estrae con le suole la melodia che i giorni del passato canticchiano al presente Quanto più ci si avvicina all'oggetto del desiderio, tanto più questo diventa di marmo e di bronzo, mentre i profili leggendari dei nativi si spargono all'intorno come monete animate sfuggite da qualche vaso di terracotta infranto. (it) |