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La politica di potenza e realistica, una volta liberata da motivi universalistici , poteva troppo facilmente degenerare in ibrida politica di violenza. Questo naturalmente lo sapevamo anche allora, e ne trovavamo l'esempio in Napoleone; ma ci consolavamo guardando a tutto quello che di positivo era scaturito dalla sua azione. Questo stato d'animo somigliava alla fiduciosa speranza nel genio dell'Occidente – che sempre tornava ad affermarsi salvando –
Ma questi accenti hanno cominciato a spostarsi per me a causa e dopo la guerra mondiale. Vidi un'orribile degenerazione della politica realistica in quegli strati del popolo tedesco che fino a quel momento avevano rappresentato la sua civiltà. La speranza che la sconfitta servisse loro di lezione, andò a vuoto. E vidi la hybris, forse ancor peggiore, della pace di Versailles. Ma quando più tardi volevo spiegare al mio amico danese Aage Friis il turbamento della mentalità del popolo tedesco come dovuto al trattamento fattogli dalla pace di Versailles, egli domandò: «La Germania, se avesse vinto, avrebbe imposto una pace più moderata?».
La mia delusione non mi ha fatto cadere nell'estremo opposto, di dichiarare malvagio il potere in sé, come fa Burckhardt. Esso è solo un tentatore che vuole indurre al male. Ma il demonismo del potere fu da me sentito da quel momento in modo tutto diverso e più acuto che non nell'anteguerra. (it) |