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Nei miei intenti, Ken doveva essere un testimone del suo e del nostro tempo, l'uno come metafora dell'altro. All'epoca, uscivo dall'esperienza del movimento studentesco del Sessantotto. Ci eravamo battuti per un ideale di giustizia e di emancipazione, ed eravamo stati sconfitti dal sistema politico-religioso-finanziario tutt'ora vigente. Qualcuno di noi aveva imboccato strade aberranti. Altri, come me, vivevano un senso di delusione e di sconfitta. In quelle circostanze, era impossibile trasformare il pensiero in agito, bisognava ricercare dentro di sé i valori fondanti della dignità e del vivere, che la società non ci offriva. In qualche modo, da protagonisti siamo diventati osservatori del nostro momento storico. (it) |