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Il pârsi non ha accettata alcuna parola da lingue straniere e di poco differisce dalla lingua di Firdusi, del più grande poeta epico persiano vissuto intorno al mille dell'era volgare, che può considerarsi come il primo che con un'opera immortale, siccome fece Dante per gli Italiani, abbia messo in onore la lingua della Persia del suo tempo. D'allora in poi il persiano si andò sempre più corrompendo coll'accettare parole arabe; e ai giorni nostri nelle opere degli scrittori moderni persiani esso non è che un gergo, del quale due terzi sono arabi, mentre la lingua si è conservata assai più pura nelle campagne e nei villaggi, laddove non è raro incontrare qualche buono agricoltore che nel suo puro dialetto persiano, che da alcuni fu chiamato l'italiano d'Oriente, racconti ancora la storia degli antichi re favolosi della sua patria. (it) |