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La prima cosa è l'odore della sifcamina e dell'olio canforato in spogliatoio per scaldare i muscoli prima della partita. La seconda, la faccia di Don Tarcisio tirà come una bestemmia muta, gli occhi rossi di chi non ha dormito. La terza il campo di fango di Rovigo coi pali dell'H delle porte più alte del mondo, fatti apposta per farti prendere paura. La quarta lo spogliatoio; stretto e lungo come un vagòn. La quinta la squadra, tutti vestiti uguali; anch'io allora, quella l'ho giocata anch'io. La sesta è il caligo, la nebbia. La settima la piova, che viene e lava. L'ottava gli spari in piazza. La nona è Barbin in coma, ma pare che dorma. La decima è il nostro nome gridato in piazza come una partita vera: «JOO-LEE, JOO-LEE, JOO-LEE, JO-LE, JO-LE, JO-LE (it) |