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Fare l'inviato di guerra è il mestiere probabilmente più straordinario, disperato, difficile e magnifico che esista. Si tratta di raccontare la storia mentre la storia accade. Quando lo facevo io, vent'anni fa, la storia in qualche maniera aveva una forma di rispetto, per chi la raccontava. Oggi non c'è più. Noi potevamo passare da una parte all'altra del conflitto portando la pelle a casa – spesso, non sempre e non tutti, purtroppo. Non eravamo noi gli obiettivi, noi eravamo i testimoni. Adesso tutto è diverso, i giornalisti sono diretti obiettivi. Pensate a quello che accade in Siria, in Afghanistan o in Iraq. Cercano i giornalisti per farne martirio, per ucciderli in diretta davanti all'occhio dei telefonini per poi mettere sul web la loro uccisione. Oggi non è più possibile fare il giornalismo che ho fatto io, è morto. (it) |