Mention475570

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so:text Credo fosse il 1954. Avevo lasciato da poco la Rai, dove ero stato assunto nel 1950 come giovanissimo funzionario al Terzo programma radiofonico. C'era gente interessante allora. Mi capitò di intrattenere rapporti di scontrosa familiarità con personaggi anche notevoli, come per esempio Gadda. È vero, potrei dirle che c'erano certi giorni in cui si trascinava nei corridoi tirandomi per la giacca e dicendo cose irripetibili su alcuni suoi colleghi. Ma al di là di ciò dava l'impressione di essere un uomo misterioso, che arrivava da un buio antico, da un dolore indicibile che ha prodotto uno stile ecumenico. Senza ombra di dubbio è stato il più grande scrittore italiano del '900. Sentì più di ogni altro la carenza di vocalità dell'italiano. Avendo l'italiano poca voce, necessita del supporto del canto o del dialetto. Ma Gadda non era uno scrittore dialettale. Inventò una lingua vocale che si appoggiava ai dialetti. Si comportò come Dante con la Commedia. Che dopo aver detto che tutti i dialetti fanno schifo, che non ce ne è uno che valga "la pantera profumata del volgare illustre", scrive utilizzando di tutto: desinenze, calate, strutture sintattiche delle parlate che conosceva e perfino di quelle che gli erano ignote. (it)
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so:description Citazioni di Vittorio Sermonti (it)
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