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Paolo Isotta, una delle certezze più autentiche della nuova critica italiana. Isotta non è di quei critici che hanno un loro progetto e si battono per il suo successo, dando l'impressione di coloro che, a duemila anni dalla discesa di Cristo in terra, aspettano ancora il messia. Sa che la partita si è chiusa per sempre, e forse addirittura nel secolo scorso, e per questo c'è una felicissima consonanza tra il prefatore e l'autore di questi saggi, tanto ammirabili per chiarezza quanto sottilmente angosciati dal sentimento dell'irreparabile, dalla certezza di una universale decadenza, quella che Isotta chiama appunto «degenerazione verso l'intellettualismo. (it) |