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In queste settimane sono passati molti casi esemplari sul palcoscenico di Rosati. L'altra sera è stata la volta di Rosalia Maggio, che ha rivissuto e discusso un episodio molto drammatico della sua vita. Storia di un Papa apparso ad un'attrice era il sottotitolo della trasmissione; e Rosalia, prima con serena oggettività, poi con voce rotta e smorzata, ha raccontato un giorno lontano nel 1968, quando, letteralmente alla fame, pensò di prostituirsi. Si veste, si pettina, si trucca. La tv è accesa. Le dà uno sguardo distratto, c'è Papa Giovanni in visita ai carcerati di Regina Coeli . Il Papa la guarda: "Sì, sì, bravo - dice lei - tu tieni tutto, casa, soldi. Io vado a fare la puttana: le mie figlie devono mangiare!". Rosalia sta per uscire. Ma un'occhiata del Papa, che lei crede diretta a sé, la immobilizza. In quel momento squilla il telefono. È un'offerta di lavoro, un film. Non sono molti soldi, ma bastano per uscire dall'incubo, per cambiare vita. E per provare immensa gratitudine verso il Papa, che rivive nell'immaginazione di Rosalia in un incontro che non c'è mai stato. Tra scambi di ruolo, immedesimazione e allontanamento, lo psicodramma attraversa tutti i tormenti segreti di una donna. C'è da chiedersi se lo psicodramma non abbia un vizio di fondo; se cioè, impostato su un'attrice, non sia destinato fatalmente all'esibizionismo, alla simulazione. Possiamo dar credito a chi finge per mestiere? L'obiezione è così legittima, anzi così ovvia, che la stessa Rosalia si sente autorizzata a precisare che lei non recita mai. Anche in scena si limita a vivere. Più bello e più spietato di così.... (it) |