so:text
|
Il rapporto giornalista-campione, ad esempio, è diverso: e questo in tutti gli sport. Anzi, se pensiamo al calcio dobbiamo trarre la conclusione che il ciclismo è comunque lo sport che più di ogni altro è rimasto accessibile. Col campione di ciclismo si riesce ancora ad avere un rapporto abbastanza stretto. Col calciatore no. Io ho avuto la fortuna e il privilegio di seguire il Torino e la Juventus a metà degli anni '70. In quel periodo, se per esempio voler buttar giù un'inchiesta sul perché il Torino non segnasse più di testa, non dovevo fare altro che andare allo stadio e fermare Pulici e Graziani fuori dal Filadelfia e chiedere. Lo stesso potevo fare con i difensori. Le inchieste si facevano così. Oggi è la società a scegliere: ti mettono a disposizione un calciatore e devi parlare con quello, anche se magari non è quello che ti interessa. Anche il ciclismo, però, è cambiato con la presentazione degli uffici stampa. Inoltre, il ciclismo ha quasi completato il processo di globalizzazione. Allora non c'erano tutte le nazioni di oggi: quando arrivò Greg LeMond, americano, sembrava un marziano. Adesso si ritrovano i colombiani, che arrivano dai tremila metri ed in salita vanno alla grande; e poi il sudafricano bianco, l'australiano, il neozelandese, gli inglesi. È diventato un ciclismo molto più complesso: all'epoca di Gimondi le nazioni principali nel ciclismo erano quattro. (it) |