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Se così è, se il terreno del "tragico" è altro da quello di una razionalizzazione logocentrica o di una conciliazione dialettica, in senso hegeliano, della contraddizione, risulta evidente che la difficoltà di concettualizzare il tragico diventa essa stessa una prospettiva di lettura nella quale quest'ultimo emerge come tensione irrisolvibile, come gioco debordante e dislocante i significati, come eccesso, come infrenabile movimento estatico. Nel tragico sarebbe da vedersi dunque una preformazione di quella «magia degli estremi» a cui si riconduce il movimento trascendente-rovesciante della filosofia nietzscheana. (it) |