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Con Berlusconi, tuttavia, poi feci pace. Fu lui a telefonarmi: forse, aveva captato in qualche mio articolo un'ombra di rimpianto per il vecchio amico. Era il '96 e dopo il ribaltone le cose per lui si mettevano di male in peggio. Così, una sera mi ritrovai di nuovo seduto alla sua mensa ad Arcore. Riparlammo senza rancore dei nostri trascorsi. Gli domandai quale garanzia avesse ricevuto da D'Alema sulle sue aziende in cambio dell'opposizione inesistente che gli assicurava. Rise. «Ma perché, ora che hai sistemato i tuoi affari, non ti chiami fuori dalla politica?» gli chiesi. «È una parola» mi rispose rabbuiandosi. «I giudici non obbediscono neppure a D'Alema». E lì capii quale era, ormai, la vera sostanza del suo dramma. (it) |