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aveva sulla coscienza la vita di migliaia d'infelici, morti sulla forca e nelle galere solo per aver voluto un po' di libertà. Era stato spergiuro. Non aveva conosciuto che disfatte e fughe ignominiose di fronte al nemico. Politicamente, era rimasto fermo alla concezione settecentesca del più retrivo assolutismo. Non aveva fatto che i propri interessi, e più ancora i propri comodi, della regalità prendendosi solo i piaceri. Non aveva saputo che incrementare l'ignoranza di cui egli stesso era campione. Eppure, il cordoglio popolare per la sua morte non ci stupisce, perché un dono lo aveva avuto: la genuinità. Questo Re fellone e fannullone non aveva mai cercato di apparire diverso da quel che era: uno scugnizzo dei «bassi», prepotente, ridanciano e sboccato, nato per caso con una corona in testa e che aveva sempre concepito la sua parte come quella di un buon capo-camorra. Non aveva interpretato che i caratteri deteriori del popolo napoletano, ma anche i più appariscenti e riconoscibili. (it) |