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C'è una visione molto diffusa, a mio parere erronea, che la fortuna strepitosa, la cosiddetta serendipità, svolga un ruolo importante nella scoperta. Questo termine infelice fu coniato da Horace Walpole nel 1754 per descrivere le scoperte che certe persone fanno «per caso e per sagacità, di cose di cui non erano alla ricerca». Dico «infelice» perché il termine è stato ripetutamente male applicato alla scoperta scientifica. Si leggono molto spesso resoconti di scoperte accidentali o casuali; si dice che gli esempi di serendipità nella scienza abbondino: la scoperta della penicillina da parte di Fleming, la scoperta della radioattività fatta da Becquerel, la scoperta dei tranquillanti, e così via. In ciascuno di tali casi alla fortuna è attribuito un ruolo determinante, ma è stata proprio la fortuna o casualità l'elemento importante? Non è possibile che l'idea della serendipità sia fondata su un'errata concezione della natura della scienza, oltre che della natura della casualità stessa? Credo che un esame anche superficiale dei cosiddetti esempi di serendipità permetta di raggiungere conclusioni alquanto diverse; esso confermerà l'intensa consapevolezza insita nella ricerca scientifica, che è fondata non sul caso ma su riflessioni estremamente focalizzate. (it) |